Mare avvelenato by Elena Magnani

Mare avvelenato by Elena Magnani

autore:Elena Magnani [Magnani, Elena]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Giunti
pubblicato: 2024-07-16T13:00:22+00:00


20

Nel pomeriggio Tomaso, dopo aver fatto le ultime raccomandazioni al fratello e aver dato un bacio in fronte alla madre, andò a salutare Riggi. Gli strinse la mano ringraziandolo per la fiducia che aveva dato a lui e a Gioacchino. Una fiducia mal riposta, visto il furto.

Rimase qualche minuto con lui, a seguire le direttive che dava agli uomini che imbarcavano frutta e carne per il piroscafo su cui sarebbe salito più tardi.

Guardò a lungo i marinai che per tre mesi sarebbero stati i suoi compagni. Facce magre e segnate. Erano triestini, dalmati e istriani, gli aveva detto Gioacchino.

«L’altro giorno mia sorella mi chiedeva di tua zia Sofia. È da molto che non la vedo.»

«Sta bene» rispose Tomaso «aiuta la moglie di Biagio con il bambino e cuce.»

«È sempre stata una brava donna.»

«Sì, lo è.»

«Credi che le farebbe piacere se l’andassi a trovare? Con mia sorella, intendo.»

Tomaso voltò la testa e lo guardò. Lui sostenne tranquillo il suo scrutare.

«A mia sorella farebbe bene avere un po’ di compagnia. Da quando è diventata vedova non esce molto e sta tutto il giorno a fissare il fuoco nel caminetto.»

«Penso che mia zia ne sarebbe contenta.»

«Quindi a te sta bene?»

«Dovreste chiedere a Biagio, è lui il capofamiglia.»

«Il più anziano, certo, ma si dice che il capofamiglia dei Mazzeo sia tu.»

Tomaso strinse le labbra. «E chi lo dice?»

«Voci, sai com’è.»

«E in quelle voci c’è altro che dovrei sapere?»

Riggi controllò che intorno a loro non ci fossero orecchie curiose. «Non dire al tuo amicu quanto sai; pensa s’un giorno per nemico l’hai» pronunciò piano.

Tomaso annuì e gli allungò la mano, che Riggi strinse di nuovo con forza. Rifletté su quelle parole, ma non a lungo.

Gioacchino lo attendeva sulla strada. «Tieni» gli disse lanciandogli un fagotto «la zia ha preparato un po’ di cose da mangiare.»

Tomaso fece posto tra gli abiti nella sacca che aveva preparato per quel lungo viaggio e una sensazione di gelido smarrimento lo prese alla gola.

Con gli occhi bassi scrutò dietro di lui. Rosetta era lì, era solo un’ombra, un’immagine sfocata, ma notò le braccia tese in un’implorazione. Provò delusione e felicità al contempo. Lei, che aveva avuto tutta la notte per palesarsi, si mostrava proprio quando partiva.

«Maso, andiamo.»

Non rispose al cugino, la sua voce non sarebbe stata ferma come avrebbe desiderato.

Quella visione protese ancora le braccia nella sua direzione, in una muta richiesta.

«Non posso restare» sussurrò mentre la vista si velava. «Tornerò, te lo prometto.»

«Dai Maso, muoviti» gli urlò Gioacchino.

Tomaso si raddrizzò e, quando mise a fuoco, Rosetta non c’era più. Chiuse gli occhi e respirò a bocca aperta, prima di affiancare il cugino.

«Non sei eccitato?»

«Per cosa, Gioacchino?»

«Questo» e si batté una mano sul petto «noi che partiamo. Chi annamu via da Messina.»

Tomaso gli restituì solo un mezzo sorriso, senza rispondere.

Il cugino era incontenibile e parlò per tutto il tragitto lasciando a Tomaso il compito di annuire ogni tanto.

La barca che li avrebbe portati al piroscafo Adriatico sarebbe arrivata all’ora di cena, ma Tomaso aveva insistito che andassero sul molo un po’ prima.



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